Dragaggi 2.0: ed anche le spiagge diventano sostenibili con una tecnologia ancora una volta Made in Italy

Introduciamo le eccezionali prestazioni in termini di risposte agli enormi stress ambientali indotti dai dragaggi convenzionali, di una tecnologia tutta “Made in Tuscany”, come quella della Decomar, azienda di Pontedera con sede operativa a Massa, del gruppo Ecoacciai, leader nelle tecnologie di recupero dei materiali ferrosi.
Oggi ritorno a parlare di questa performante tecnologia per un’altra enorme problematica ambientale del nostro paese, che nel caso specifico minaccia una delle voci economiche più importanti come quella del turismo, visto che si parla di coste e più specificatamente di spiagge e di erosione costiera.
Una problematica dagli enormi risvolti ambientali, economici e sociali, visto che l’Italia presenta un incredibile sviluppo costiero di quasi 7500 km. Un’altra occasione di prendere visione anche pratica della tecnologia, dopo quella dell’autunno scorso a Levane in provincia di Arezzo dove si era parlato di sfangamento dighe e bacini interni, è stata quella svoltasi a Follonica il 23 maggio scorso, in uno dei luoghi simbolo della costa toscana per gli effetti negativi della erosione costiera, con il seminario dall’eloquente titolo “Dragaggi 2.0”, patrocinato dalla Provincia di Grosseto e organizzato proprio da Decomar SpA. Le coste e le aree portuali, ancor più dei bacini, necessitano di tecniche di intervento non invasive e massimamente rispettose degli ecosistemi di riferimento, visto che, soprattutto le seconde, sono zone contaminate e spesso inserite nel perimetro di siti inquinati (SIN o SIR).
Nel Golfo di Piombino esistono entrambe le tipologie approfondite nel seminario, come la spiaggia di Follonica ed il vicino Porto di Piombino al centro dell’omonimo SIN, in adeguamento proprio in questi mesi e che ha reso indubbiamente la location non certo casuale. La cittadina collocata al centro del Golfo di Piombino è stata interessata da decenni da fenomeni sempre più rilevanti di erosione costiera che stavano compromettendo una delle voci più importanti dell’economia locale come il turismo, per contrastare i quali, la Provincia di Grosseto ha messo in campo negli ultimi anni risorse importanti che stanno permettendo di dare risposte significative alla problematica.
Dopo una ampia illustrazione degli interventi sino ad oggi messi in campo dalla Provincia di Grosseto a ricostruzione e difesa dei tratti costieri erosi, attraverso barriere sotto il pelo obero dell’acqua (vedi immagine ggearth seguente), effettuati anche in un contesto sinergico con i lavori di ampliamento del Porto di Piombino, è stata la volta della Dottoressa Gilda Ruberti, Dirigente della Regione Toscana, che ha presentando la pianificazione regionale sul tema in termini legislativi e di risorse sulla base di una netta preponderanza dei tratti di costa sottoposti ad erosioni su quelli in avanzamento, con un saldo negativo di 147.000 m2 di costa interessata da esigenze di rimodellazione che non possono prescindere da una attenta valutazione della provenienza delle sabbie necessarie per i ripristini.

Interessante poi l’intervento del Dottor Guerrieri, della Autorità Portuale di Piombino, che illustrando i lavori di adeguamento del porto, che prevedono di portare il pescaggio dello stesso a 20 metri, con la possibilità di aprire nuove interessanti prospettive alla darsena piombinese, in chiave industriale, mercantile e turistica con possibilità di attracco di navi da crociera, ha posto l’accento particolare sulle grandi criticità che tecniche di dragaggio convenzionale dei fondali, pongono in aree portuali collocate in area SIN (sito di interesse nazionale per la bonifica), con grande presenza di contaminanti e la forte esigenza di disporre di tecnologie adeguate di sterramento e dragaggio non invasivo e dispersivo. Guerrieri ha evidenziato la doppia valenza del “fondale” inteso sia come “infrastruttura”, ma anche e soprattutto come “categoria ambientale”. Per la componente scientifica il Professor Enzo Pranzini dell’Università di Firenze, in chiave di valutatore tecnologico ha posto una serie di problematiche fondamentali alle quali una tecnologia di dragaggio non invasivo dovrebbe adeguatamente rispondere, incalzando i tecnici Decomar. Sempre per l’Università di Firenze il caro amico Professor Giuliano Gabbani, ha parlato invece delle confortanti verifiche sul campo fatte con la tecnologia messa a punto da Decomar sia in ambito portuale che in quello, non meno importante, di sfangamento dei bacini interni (dighe), parlando anche dei brillanti risultati rilevati dalle verifiche scientifiche fatte sul campo. E’ stata poi la volta della tecnologia, illustrata dall’Ingegner Davide Benedetti Presidente ed AD di Decomar, che ha fatto una ampia ed esaustiva presentazione del processo di sfangamento messo a punto dalla società, che porta in se il DNA del gruppo Ecoacciai, azienda leader nei recuperi industriali, della quale fa parte. Benedetti ripartendo proprio dalle criticità operative indicate dall’esponente dell’Autorità portuale per le azioni di dragaggio con particolare riferimento a siti contaminati, ha evidenziato in vantaggi tecnico-economico-operativi della tecnologia, scalabile e perfettamente modulare che permette di operare senza apporti esterni e solo con un fluido di ricircolo interno, mai ha contatto con il materiale da trattare e soprattutto, per quando riguarda i porti, senza occupazione di spazi in banchina, ma come piattaforma off-shore.

Vantaggi che danno risposte importanti rispetto alle tecnologie di dragaggio convenzionali per lo sfangamento sostenibile dei porti, dai grandi impatti sugli ecosistemi con grandi difficoltà per gli stessi operatori portuali, mitigando drasticamente gli impatti ambientali. Infatti le tecniche convenzionali di dragaggio con draghe a benna tradizionale possono creare impatti su vaste zone anche distanti chilometri dal punto di prelievo a causa del fenomeno di “risospensione” (per non parlare di operazioni discutibili effettuate senza il rispetto delle normative ambientali vigenti).
La soluzione Decomar (link sito), è basata su una tecnologia a ricircolo che consente di operare in totale assenza di contatto con il fondale riducendo di fatto l’invasività ambientale operando “in situ” l’asportazione dei sedimenti, la separazione granulometrica degli stessi differenziando i materiali ingombranti, ed eliminando gli eventuali inquinanti dalla frazione a granulometria maggiore. Una siffatta operazione permette nel contempo di operare una riduzione in volume dell’eventuale frazione da conferire a trattamento successivo. Un punto fondamentale sottolineato da Benedetti, il fatto che il sistema Decomar si propone come sistema di selezione controllata, selettiva e personalizzabile in funzione del livello di granulometria desiderata in uscita per il sito in oggetto, con l’estrazione ed il recupero dei corpi estranei e dando la possibilità di inserire in cascata processi di trattamento per i materiali contaminati attraverso una impostazione predittiva in grado di meglio rispondere alle esigenze dei trattamenti a valle.
Questa nuova straordinaria metodologia rientra tra i tre progetti premiati da SOGESID, società in house del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) di supporto tecnico delle strutture regionali/locali attraverso azioni ed interventi che concorrono da un lato ad avviare a soluzione le criticità ambientali, (bonifiche, emergenza e gestione rifiuti, dissesti idrogeologici ecc.), avendo in corso una fase applicativa nelle importanti aree portuali di Livorno e La Spezia, delle quali prossimamente saranno noti i risultati in campo. Una tecnologia vera, che non sposta un inquinamento o un problema da una matrice ambientale all’altra, ma da veramente risposte autentiche alle problematiche di base, capaci davvero di effettuare un cambio di versione vero (2.0), ed un capitolo nuovo in tema di bonifiche, risanamenti, rimodulazioni ambientali, personalizzabili e capaci davvero di dare risposte non generiche ma sito-specifiche.

Sauro Secci

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